#Potenza2014 per #Potenza2020 la città del sorriso e del benessere.

Nei giorni scorsi è emersa una indagine statistica, sulla quale riservo molti dubbi che nel merito spiegherò nel proseguio, che farebbe emergere una diffusa infelicità nella città alla quale molti di noi dobbiamo i natali. Praticamente Potenza, dall’indagine, risulterebbe la città più infelice d’Italia.

Queste righe non vogliono essere assolutamente una mera giustificazione o contraddizione di quanto emerso da questa fantomatica ricerca: sostanzialmente è vero, Potenza, non è tra le città più belle e vivibili d’Italia. Una moltitudine di fattori hanno generato questa fattispecie ma, in particolare, è l’approccio dei potentini.

Anni e anni di ibrida, e forse cattiva, politica hanno portato la città a uno stallo tale che anno dopo anno sempre più giovani sono andati via. Il “sono andati via” non è casuale ma un volontario errore perché non oserei mai dire “vanno via”: ciò che é stato non dovrà essere già domani. La città deve essere vissuta e amata, dapprima da chi è ai vertici delle Istituzioni che, invece, per lungo tempo hanno fatto sotto i piedi la potentinità, mossi da un egoismo imperante.

Scrivere di Potenza è sempre un’attività semplice per chi, come me, porta nel sangue l’amore per questa città e fa di tutto per poterla vivere ma soprattutto per impegnarsi per la sua crescita quotidiana.

Vivo con grande dispiacere la partenza dei miei coetanei per terre più fortunate ma oggi più che mai dobbiamo iniziare a farci qualche domanda e soprattutto a trovare delle soluzioni per la città che sarà. È necessaria una riflessione d’unione nella quale vanno inclusi anche gli scenari regionali perché il legame tra Potenza e la Basilicata è indissolubile. Iniziare a pensare ad una regione che sviluppi il suo turismo con le sue perle ma che sia anche capace di vivere la sua industrializzazione che non ha mai avuto, nemmeno dopo il sisma del 1980.

Industrie finte e imprenditori farlocchi come nel tanto decantato caso SINORO. Miliardi di euro globalmente che sarebbero potuti essere investiti nelle infrastrutture. Ho un’idea di intervento pubblico molto pratica: la Regione, lo Stato e l’Europa investo nelle infrastrutture a supporto delle aziende (strade e ferrovie, ad esempio) e le aziende investono nell’impresa rischiando soldi propri e senza alcun paracadute.

Aziende vere genererebbero occupazione reale e quindi sempre meno giovani andrebbero via.

Purtroppo però la storia di questa terra ci insegna che non è andata proprio così, ed anzi, proprio dal cattivo modo di intendere il fare impresa siamo andati sprofondando. In Basilicata si rischia con i soldi di tutti e non con quelli del singolo imprenditore. Quando si rischia con i soldi di tutti, ovvero della collettività, le aziende non sono libere neppure di scegliere il proprio personale e di avanzare pretese di un miglioramento dei collegamenti, verso le Istituzioni.

“Una terra isolata come può offrire la possibilità di rimanere ai propri giovani?” È questa una domanda che spesso mi pongo perché sinceramente sento parlare da anni di ferrovia a Matera, rifacimento della Basentana ed aeroporto a Potenza, ma fino ad oggi la situazione è immutata, anzi degenera fino quasi a sotterrarci.

Una città che vive di “posto pubblico”, “aiutini” e spesso “lavativi” non può che non essere infelice: un serpente che si morde la coda. I giovani hanno però un’arma importante in mano, la medesima adoperata dai nostri genitori e nonni dopo la Guerra ovvero il mettersi in gioco, provando poi a imporsi nella vita quotidiana delle nostre comunità.

Potenza soltanto così potrà smentire una indagine assolutamente non consistente: non è un campione valido 6 persone su 60000, anche se ha evidenziato un malessere che si avverte nella città e tra i potentini. Il potentino medio vive per andar via, per sminuire qualsiasi cosa in città viene proposta e per soffocare gli spiriti di speranza che tanti di noi hanno in sè.

Potenza 2014 deve essere una città che deve lavorare affinché Potenza 2020 sia la città del benessere e del sorriso sviluppando il turismo enogastronomico e le nostre bellezze naturali ma soprattutto divenendo territorio attrattore di investimenti.

I giovani resteranno ed anzi, così, verranno e torneranno.

Apparso su P.LAB di marzo 2014.

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